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Little Italy

Little Italy

Alessandra Grandi (February 1, 2010)

Un'italiana a New York. Guardo al di là del mare, penso a quello che conosco e che mi aspetta. Penso ai miei amici stranieri in un paese che non li sa ospitare, il loro.

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Non il distretto urbano di NYC che sta perdendo terreno, a favore dell'espansione della vicina Chinatown, ma il mio paese lontano, che si sta facendo sempre più piccolo sotto il peso del suo malessere. Oggi penso all'Italia. Dov'è finito il Bel Paese?


Non voglio parlare di politica o economia, ma di persone. Dei miei amici che mi seguono da lontano e mi "invidiano", perchè sono stanchi di indignarsi.
Voglio scrivere degli italiani della mia generazione, e non solo, che vorrebbero districarsi dalla matassa di calce che avvolge con un abbraccio gelido e paralizzante tutte le nostre buone intenzioni.

È vero sono distante un mare da quel piccolo paese, ma non per questo mi sento estranea o colpevole di abbandono.
Uomini e donne in cerca di una vita migliore mi hanno preceduto. È dalle loro speranze, dai loro sacrifici e dalle loro incertezze che sono nata. E con speranze, sacrifici e incertezze vado avanti.

Ma che ne è dei miei amici e coetanei che mi scrivono dall'Italia amareggiati e arrabbiati? Che ne sarà di me quando tornerò? Perchè ci viene negato il beneficio del dubbio? Perchè non possiamo ipotizzare di poter conquistare uno spazio privato in una comunità unita?
Se tutta la società "civile" (in Europa e in America) è basata ormai sull'individualismo, sul successo e sul vantaggio, che spazio trovano i piccoli gesti, come si condividono le intime soddisfazioni, insieme a chi si trasformano i sogni?

Ci dicono che per noi è tutto più facile, che il mondo globalizzato parla una sola lingua, che siamo viziati e stanchi. Magari hanno ragione, ma allora perchè siamo così soli?
I dinosauri che sono passati prima di noi si sono mangiati tutto e hanno reso sterile la terra, adesso con la pancia piena ci dicono di servirci, ma quello che vogliono dire è che la paga è bassa e la porta aperta. Ci dicono di prendere senza chiedere il permesso, ma questo vuol dire che loro non si vergognano di servirsi senza rispetto di chiunque e qualsiasi cosa soddisfi la loro libido e incoscienza.
Ecco, se la porta è aperta poi non riproverateci se scegliamo di uscire di scena.

Firmo questa pagina nel modo in cui oggi ho chiuso un messaggio privato per un'amica:
ho paura di tornare, ma ho anche paura che non tornerò più.

DISCLAIMER: Posts published in i-Italy are intended to stimulate a debate in the Italian and Italian-American Community and sometimes deal with controversial issues. The Editors are not responsible for, nor necessarily in agreement with the views presented by individual contributors.
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Sono un italiano di 29 anni

Sono un italiano di 29 anni che prova per intero il malessere di cui parli nel tuo post. La nostra è un'età in cui parole come speranza, futuro e rinnovamento dovrebbero riempire il vocabolario della nostra vita. Siamo tutti soli in Italia, noi giovani in lotta l'uno contro l'altro per consumare quel pochissimo che dalla terra sterile potrà ancora nascere. Concludi il post esprimendo due paure. Io se potessi scegliere vorrei aver paura di non tornare più, che forse nasconde anche l'emozione di una rinascita. Infine, ti volevo esprimere gratitudine per le tue parole perchè quando si incontra chi ha i tuoi stessi dubbi e le tue stesse speranze ti senti meno solo.

Grazie a te

Grazie a te Daniele, mi ha fatto molto piacere leggere il tuo commento. A volte si scrivono pensieri, appunti o impressioni senza pensare che qualcuno leggera` davvero quelle parole. Percio` grazie per aver condiviso anche la tua emozione.