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Vivere la città

Vivere la città

Alessandra Grandi (May 24, 2010)
Alessandra Grandi

Osservare i cittadini che abitano, consumano, divorano e amano la loro città. Perchè non c'è solo fretta, stress e business da costruire. Ci sono anche attimi da restituire a New York.

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I newyorchesi sanno vivere la loro città.


Diversamente da come accade altrove, qui la città appartiene ai cittadini e loro se la prendono, ricevono questo dono come un pasto da consumare con gusto, da condire a piacimento. Perchè se è vero che questi cinici cittadini capitalisti non fanno che correre da una parte all'altra attraversando strade come fossero attimi di un tempo da recuperare, è anche vero che quando decidono di fermarsi lo sanno fare egregiamente, dedicandosi ad assecondare il battito di New York.

I newyorchesi li vedi godere di un pallido sole freddo di febbraio sulle sdraio dell' highline nel Meatpacking District(ovvero "quel posto strano al Meat packing dove c'è la ferrovia morta e il panorama sulla città e la gente che si sdraia sulle sdraio di legno").
Li trovi seduti per terra sulla moquette delle librerie, mentre leggono e scelgono il loro tempo di carta e inchiostro.
Passano ore seduti in una caffetteria consumando caffè e cappuccini, croissant e cupcakes, mentre trafficano con i loro Mac e ascoltano musica dagli i-pod di ultima generazione, o semplicemente qualche volta scrivono ancora a penna su un quaderno. Nessuno chiede mai loro di andare via, nessuno li interrompe. La città appartiene a tutti, con tanto di tavoli e sedie in un piccolo locale del Village. 
Ho visto newyorchesi sdraiarsi tranquillamente in un angolo comodo del MOMA per chiacchierare in santa pace. Il museo è una casa, una chiesa.
Ci sono supermercati con annesso lo spazio per consumare il pasto dedicato ai newyorchesi che non vogliono tornare a casa, quelli che vogliono restare in giro, a consumare le scarpe sui marciapiedi acquosi di New York.

Stare fuori non significa semplicemente "non stare a casa", vuol dire proprio godere degli spazi comuni. E non è un peccato farlo in solitudine.
In una città di dieci milioni di abitanti (di cui la metà single??) ci si può costruire una nicchia privata. Al caffè, al cinema o al ristorante dire "one" è considerato normale, è una semplice opzione.

Sono curiosa di vedere in estate come si animeranno i parchi, con la gente in cerca di riposo, sport, musica, incontri, spazi da conquistare.
I tetti della città diventeranno isole ad alta quota per respirare aria e leggerezza.
Una delle cose che mi colpisce e mi piace di questa città è che ognuno può farla sua, la può adattare al proprio stile, ai propri desideri e ritmi.
In Italia è diverso. Si sceglie una città a seconda della propria personalità o esigenza, non si può adattare la città.
Un romano fatica a vivere bene a Milano, e un milanese passa una vita a criticare Roma se ci deve vivere. Qui uno può scegliere di vivere New York da romano, milanese, berlinese, parigino o cinese...Ci sono i quartieri a NY che si prestano a prendere la forma delle piccole comunità. Si può essere cittadini del mondo o portatori della propria patria lontana. New York si lascia abitare.

Oggi ho abitato per un giorno intero una piazza, Union Square. Dal primo pomeriggio alla sera tardi, un quadrato di Manhattan mi ha dato tutto.
Barnes & Nobles per scrivere, Whole Food per cenare e Regal Cinemas per vedere un film. Eccolo qui un esempio di microcosmo costruito una domenica pomeriggio nel centro della città più cosmopolita del mondo.
I did it my way.

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