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Adolescenti si nasce o si diventa?

Adolescenti si nasce o si diventa?

Alessandra Grandi (February 10, 2010)

Da una critica inaspettata nasce una riflessione e l'idea che la superficialità sia la vera minaccia, non la leggerezza.

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Questa è una brusca inversione di marcia. Perché sono a New York da più di tre mesi e qui racconto questa vita “in differita”. Torno indietro e mostro le mie prime, pure e ingenue emozioni newyorchesi.
Ma oggi è il 9 Febbraio 2010 e scrivo questo post per condividere un punto di vista.

 
Mi è successo questa mattina, mentre facevo colazione, di leggere un commento critico alle mie parole, definite dal sig. de plume adolescenziali ed immature.
L’idea di avere davanti un aspro critico inizialmente mi ha divertito. Poi ho deciso di seguire il suo pensiero, per vedere dove andasse. Ora, dopo una lunga giornata nella vita adulta, seduta a bere un The a Bleecker Street, gli rispondo.
 
Gentile sconosciuto (immagino un uomo, scusi se sbaglio), mi permetto di correggerla su una cosa, non mi sono portata dietro solo l’adolescenza, ma anche l’infanzia. Perché spesso mi scopro a provare un’allegria improvvisa e (apparentemente) insensata come quella dei bambini.
Ho 30 anni e dopo aver vissuto una vita immaginando questa città finalmente la vivo.
Non l’ho mai voluta visitare prima come turista, perché non volevo “il pezzo forte di New York”, quello a portata di mano del visitatore in corsa, il Sightseeing Tour.
Volevo scomporre la città e appassionarmi alle piccole cose, godermela come farebbe un adolescente che scopre l’amore.
Allora sì, volevo tremare davanti ai primi baci, rimandare il sesso per poi scoprirlo a occhi chiusi, con paura e curiosità. Volevo i peluche rosa, i cuori, le cose leggere vissute seriamente e l’incoscienza di poter cambiare il mondo, il mio. 
Perché gli adolescenti non hanno paura di perdersi, sanno che le strade si trovano camminando. Poi, crescendo, lo dimenticano.
Perché nell’adolescenza veniamo a contatto, senza pelle, con le vulnerabili emozioni della vita, ed io senza pelle, tocco New York. 

A New York cammini e scavalchi il piscio degli homeless, ti scosti dagli uomini che sputano (ovunque), smetti di parlare quando passano i vagoni assordanti della metropolitana, aspetti nervoso che le ambulanze isteriche ti sorpassino. 
A New York devi contare i penny che ti restano in tasca per scegliere cosa ordinare alla caffetteria. A New York non sai quanto durerà il tuo futuro, perché il visto sta per scadere, perché non sai per quanto ancora ti faranno lavorare o quanto a lungo resisterai alla stanchezza.
New York è un mondo adulto, se ci fa caso ci sono pochi adolescenti in giro.
Io almeno non ne ho mai visti molti.
 
Per quanto mi riguarda è l’innamorarmi dei dettagli, è superare la paura con l’innocenza, è camminare afflitta e trovare riparo in una caffetteria dove essere serenamente sola fra le gente, è vedere Central Park con la neve, è riconoscere i luoghi conosciuti nei film, è sognare attraverso la vita quotidiana, è molto altro di invisibile, a darmi la forza e l’entusiasmo di vivere qui e crescere, in silenzio, in privato.
 
Non so se adolescenti si nasca o si diventi, ma io sono contenta di esserlo rimasta, e la ringrazio per avermelo fatto notare attraverso il suo punto contrario.
Sono gli antagonisti a portare avanti le storie.

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