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Alessandra Grandi (January 20, 2010)

New York è un ponte su se stessa che cuce il mondo. E il mondo intero lascia impronte ovunque al suo passaggio. Nelle tracce deformi, oniriche o semplicemente crude,trovo tracce di me che avevo perso.

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11.09.09


Una cosa che colpisce frequentando New York è che ogni volta che si incontra qualcuno è inevitabile che sorga la domanda "where are you from?", perchè si sa che NY è un centro di raccolta, un luogo di passaggio, un porto umano, dal quale a volte c'è chi non riesce più a staccarsi, e allora questa malattia lo trasforma in newyorchese.

Di nati e cresciuti a New York ce ne sono pochi, molti però se ne sentono naturali e legittimi cittadini, senza bisogno di certificati. Chi nasce qui spesso porta sulle spalle la storia di una famiglia di immigrati. Irlandesi, italiani, cubani, polacchi, indiani....tutti dentro il grande frullatore che spezza confini e amalgama identità. Ciò che resta è un forte gusto per le differenze e una porta spalancata nella mente.
La mia coinquilina, L., viene dalla California ed è assolutamente diversa da qualsiasi altra persona abbia conosciuto prima. E questo lo considero il primo grande regalo che questa città mi ha dato. L. ha il corpo per forse il 70 % ricoperto di tatuaggi e ha le orecchie bucate come le donne tribali, con il foro largo e pendente. Stranamente nonostante la sua pelle sia permanentemente coloratissima non si trucca affatto. È una persona vivace, intelligente e dolce. Ha viaggiato molto in cerca di un'umanità lontana e spesso sofferente. Vuole fare la fotografa (in realtà già lo è e il suo talento è straordinario) per raccontare ciò che il mondo nasconde, e per farlo con consapevolezza e determinazione studia diritti umani alla Columbia University. Osservo la sua femminilità primordiale, fatta di gesti, sguardi e pensieri profondi, e trovo che questo arricchisca anche la mia identità di donna, perché amplia la mia concezione di sensualità e seduzione.
È affascinante osservare la gente da questo esclusivo punto di vista. Chissà cosa penseranno loro guardando me. Una novellina spaesata, un colibrì sotto il sole...
Una persona prima che partissi mi ha detto che qui sarei stata solo un numero, in realtà c'è forse più comprensione e partecipazione qui, nella piazza del mondo, tra la folla, le ambizioni, le frustrazioni e le attese, di quanto non ce ne sia nella terra originaria, dove tutto è preteso e niente è dovuto.

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