Il caso Englaro. Il momento di lasciarli stare
Il caso Englaro. Il momento di lasciarli stare
È scontro istituzionale in Italia sul caso della ragazza in coma da 17 anni. Da 48 ore è stata sospesa la nutrizione forzata che la tiene in vita. Il Vaticano protesta, il Consiglio dei ministri prepara un disegno di legge che obblighi i medici a ripristinare le cure. In assenza di una legge sul testamento biologico, l’Italia si spacca.
Eluana Englaro è in coma irreversibile da 17 anni. Quando ne aveva 20 un incidente d’auto l’ha condannata ad uno stato vegetativo che la mantiene, da allora, sospesa al confine della vita. In tutto questo tempo Eluana ha respirato senza l’ausilio delle macchine, ma è stata alimentata e idratata artificialmente.
Questo, almeno, fino a due giorni fa.
Martedì scorso il padre e tutore legale di Eluana, Beppino Englaro, che da molti anni si batte perché gli venga riconosciuta la facoltà di interrompere le cure, ha deciso di rompere gli indugi. Forte di una sentenza della Corte di Cassazione e della pronuncia del Tribunale d’Appello di Milano, l’uomo ha trasferito la figlia presso la clinica “La quiete” di Udine, dove il Professor Amato De Monte ha accettato di dar corso alla riduzione progressiva dell’alimentazione e dell’idratazione, sì da portare Eluana, in breve tempo, ad una “morte lenta”. Dopo i tre giorni necessari all’accertamento dell’esistenza delle condizioni previste dal protocollo riconosciuto dalla Cassazione, le cure sono state interrotte. Da 48 ore, Eluana è sotto l’effetto di farmaci antiepilettici e di null’altro.
In mancanza di una legge sul testamento biologico, il caso di Eluana è al centro di un violento scontro istituzionale che vede le più alte cariche dello Stato schierarsi su fronti opposti e il mondo politico fortemente diviso. Inoltre, com’era lecito aspettarsi in un caso come questo, anche il Vaticano non manca di far sentire quotidianamente la sua voce affinché le cure per Eluana siano immediatamente ripristinate.
I termini dello scontro si sono delineati fin da venerdi scorso, quando il Consiglio dei ministri ha varato un decreto legge per impedire “a chiunque” di rifiutare (in caso di malato cosciente) o di sospendere (da parte di terzi in caso di malato in coma) la somministrazione di acqua e cibo. Il Presidente Napolitano, che già si era espresso negativamente sull’opportunità di risolvere il caso con decreto, non presentandosi le necessarie ragioni di “necessità e urgenza”, ha rifiutato di firmare il provvedimento, prendendo atto con rammarico della deliberazione del Consiglio e ripetendo che il testo non superava le obiezioni di incostituzionalità da lui tempestivamente rappresentate e motivate. Il Presidente della Camera Gianfranco Fini, favorevole nel caso specifico alla libertà di scelta della famiglia, ha appoggiato l’iniziativa del Capo dello Stato. D’altro canto il Vaticano, nella persona del Card. Bagnasco, Presidente della Cei, e di altri alti prelati, si è dichiarato deluso dal Colle e ha sollevato le ipotesi di omicidio ed eutanasia.
Nel frattempo, da Udine, i legali della famiglia Englaro hanno fatto sapere che in mancanza di un provvedimento valido che annulli la sentenza della Cassazione, la sospensione delle cure andrà avanti come previsto. Sospensione che, come detto, è in corso, nonostante la visita di ieri degli ispettori del Ministero della Sanità, inviati da Roma per verificare se la struttura de “La quiete” sia adeguata per assistere fino alla fine la paziente.
Oggi, in un clima istituzionale sempre più teso – il presidente Berlusconi viene dal dire che
Una posizione di buon senso, quella di Englaro, che se assecondata potrebbe forse ricondurre la vicenda all’alveo umano ed etico cui appartiene, ponendo fine alla deriva politica cui è stata piegata nelle ultime ore.
Non so se, come dice il premier Berlusconi, in Italia si stiano contrapponendo due culture, una della libertà e della vita, l’altra dello statalismo e della morte. Quel che è certo, è che si stanno contrapponendo due concezioni diverse della vita e del diritto, e su un tema estremamente delicato. Dare ragione alla famiglia Englaro costituirebbe un precedente decisivo, dalle conseguenze imprevedibili in un Paese irresponsabile come il nostro. Ignorarne le richieste, di fronte a una sofferenza durata diciassette anni e in assenza di qualsiasi prospettiva di miglioramento, potrebbe d’altronde costituire non solo un esempio di inutile accanimento terapeutico, ma anche una violenta, nonché crudele, negazione del diritto individuale all’autodeterminazione.
Se Eluana sia viva o meno, la scienza non lo dice chiaramente, e la fede è una risposta valida solo per coloro che ce l’hanno. In mancanza di una legge, necessaria, che lasci a ciascuno la facoltà di decidere preventivamente in casi simili, rigorosamente regolamentati, sono di quelli che credono che il pubblico, qualsiasi sia la sua natura, debba fare un passo indietro, e lasciare a coloro che questa vicenda l’hanno vissuta da vicino e dall’inizio la libertà, e la responsabilità, di prendere una decisione.
Eluana ha la mia età. I diciassette anni del suo coma corrispondono all’intero della mia vita adulta. Una vita della quale non sempre sono soddisfatto e talvolta, come forse capita a tutti, oggetto di bilanci tremendi. Eppure, a ben vedere, in questi anni ho viaggiato, ho riso, ho pianto, ho giocato, ho incontrato persone, imparato due lingue, mi sono innamorato, ho provato emozioni belle, emozioni brutte, mi sono esaltato e mi sono disperato, mi è stato tolto e mi è stato regalato, tutto quello che ragionevolmente può essere tolto e regalato in una vita normale. Eluana no. In tutti questi anni lei semplicemente è rimasta immobile, ad occhi spalancati, attaccata al suo sondino in un letto d’ospedale. Se questa sia vita, io non so dirlo. Ma forse Beppino Englaro ha ragione, e per capirlo bisognerebbe avvicinarsi al letto di Udine, in silenzio, e guardare. Qualsiasi siano le decisioni che si prenderanno nelle prossime ore, Eluana e i suoi genitori hanno sofferto abbastanza.
Credo sia giunto il momento di lasciarli stare.