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Ricordare per non morire

Ricordare per non morire

Donatella Scatamacchia (January 29, 2009)
Foto di Donatella Scatamacchia
Cancello di ingresso al campo di concentramento di Sachsenhausen, Berlino

Tutt'intorno c'è silenzio, Un silenzio surreale rispetto all'enorme quantità di gente che cammina e pensa, e piange, e non si spiega come tutto sia potuto essere reale.
Leggere di quanto il male sia banale, ascoltare le voci di coloro che hanno provato sulla propria pelle la disumana vicenda dei lager nazisti, è solo una piccola parte rispetto al dolore che si prova visitando un campo di concentramento.

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Come si fa a non dimenticare qualcosa che non si è vissuto in prima persona?

I racconti, tramandati di generazione in generazione, sembrano essere la soluzione. Si tratta però solo di racconti, testimonianze che per quanto possano essere tristi, allegre, toccanti, emozionanti restano pur sempre solo parole, e per quanto le parole abbiano una forza misteriosa, c'è il rischio che possa sempre sfuggire qualcosa o, ancora peggio, che possano essere confutate.

 

La realtà vissuta ti segna dentro, ti lascia un ricordo indelebile. Ci sono delle cose, però, che non possono essere assolutamente dimenticate né tanto meno negate perché fanno parte del bagaglio storico dell'intera umanità; sono quei ricordi che ci servono per non ricadere negli stessi terribili errori. L'olocausto non deve morire, non deve essere negato. Le testimonianze, le parole che tanto ci toccano il cuore non sono sole, non corrono il rischio di restare solo dei drammatici e toccanti racconti. Insieme ad esse abbiamo la "fortuna" di poterci recare nei luoghi del terrore, rimasti intatti, con tutta la loro tragedia.

 

L'esperienza della visita al campo di concentramento di Sachsenhausen è stata terribile, la più dolorosa che abbia mai potuto fare. Leggere di quanto il male sia banale, ascoltare le voci di coloro che hanno provato sulla propria pelle la disumana vicenda dei lager nazisti, è solo una piccola parte rispetto al dolore che si prova visitando un campo di concentramento. Tutt'intorno c'è silenzio, un silenzio surreale rispetto all'enorme quantità di gente che cammina e pensa, e piange, e non si spiega come tutto sia potuto essere reale. La tristezza e il dolore diventano ancora più insopportabili quando si entra in uno dei tanti edifici e si scopre che è stato un ospedale. In quell'ospedale migliaia di bambini hanno trovato la morte, tanti piccoli cuccioli d'uomo sono stati sottoposti ai più crudeli esperimenti medici. E poi ci sta la grande menzogna. La scritta, "Arbeit Macht Frei" dal significato "Il lavoro rende liberi", posta sul cancello di ingresso del campo di concentramento, è l'esempio di quanto il genere umano possa distruggere l'integrità fisica e morale dei suoi simili.

 

Così ci possiamo ritenere fortunati, perchè per non dimenticare possiamo contare non solamente su parole, ma anche su luoghi fisici ancora esistenti. Sono luoghi veri, che possiamo toccare, vedere, e non dimenticare. Lì l'emozione è forte. C'è sempre qualcosa impercettibile che ci sfugge, ma la fisicità ci aiuta a sentire la storia.

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