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Il coraggio nella genialità

Il coraggio nella genialità

Stefano L. Vaccara (March 24, 2008)

Geraldine Ferraro e chi la pensa come lei, rifletta: un candidato con il cervello di Obama, la voce di Obama, le proposte di Obama e il carisma di Obama ma con la pelle di Hillary Clinton, avrebbe perso a New York, in California o in Ohio?

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Il discorso pronunciato da Barack Obama sul razzismo in America ha cambiato per sempre il tono di queste primarie e forse anche delle elezioni generali di novembre.

Anche se Obama non dovesse conquistare la Casa Bianca o neanche la nomination, con questo coraggioso scatto di verità sul reale stato dell'Unione è riuscito di diritto a entrare tra i grandi protagonisti della storia politica americana.
A spingerlo a rischiare e così tanto (a quanto sembra contro il parere dei suoi più stretti consiglieri) ha contribuito l'epidemia di click che si era riversata su Youtube per i video che ritraevano i sermoni del reverendo Wright, padre spirituale di Obama. La sua campagna si era accorta che quei discorsi "incendiari" lo stavano facendo scendere nei sondaggi, ma nessuno si aspettava che il senatore dell'Illinois reagisse prendendo di petto la questione della razza in America senza ripudiare del tutto il suo reverendo - che gli aveva battezzato le figlie - ma spiegando, anzi ricordando a chi già sapeva ma pretendeva di non sapere, come la questione della diffidenza tra l'America bianca e quella di colore fosse tutt'altro che risolta e quindi ancora e sempre più esplosiva.
Obama, sicuramente grazie anche alla sua storia personale, è riuscito a parlare a tutti, ai bianchi come ai neri, dimostrando ancora una volta ad entrambi come sia lui l'unico vero candidato anomalo e per questo straordinario per essere ancora lì. E questa sua condizione di essere tutto senza poter appartenere a nessuno resta pur sempre una zavorra elettorale, non essere né abbastanza nero per i neri né bianco per i bianchi, e quindi è straordinario che egli sia arrivato così lontano nonostante l'irrisolta "questione della razza".
Geraldine Ferraro, la prima donna ad essere candidata in un ticket presidenziale e accesa sostenitrice di Hillary Clinton, non è stata solo troppo politically incorrect nel dichiarare che Obama non sarebbe ma arrivato così in alto se non fosse per il colore della sua pelle, ma ha soprattutto commesso un errore grave, perché la realtà è esattamente al contrario: semmai è incredibile come Obama sia arrivato dove è nonostante il colore (o meglio il non abbastanza o troppo colore) della sua pelle.
Dispiace che la Ferraro, che inorgoglì l'elettorato femminile ma anche la comunità italoamercana nel 1984, non abbia riflettuto meglio: sostenere che Obama non sarebbe in testa ad Hillary se non fosse nero, significherebbe dire che i bianchi che lo votano lo fanno solo per riscattare un senso di colpa, come per trovare un modo per superare la tragica storia dell'America. Ferraro non tiene conto dell'esatto contrario, di quanti cioè ancora non abbiano votato Obama proprio per il colore della sua pelle (e tra questi, purtroppo, sospettiamo gli italoamericani siano in percentuali molto alte) e di quanti invece votino il senatore dell'Illinois "non vedendone" una sua "appartenenza" di razza, perché colpiti solo dal suo irresistibile carisma. Ferraro e chi la pensa come lei rifletta: se Obama non fosse stato nero, sarebbe probabilmente già considerato presidente al 100%. Un candidato con il cervello di Obama, la voce di Obama, le proposte di Obama e il carisma di Obama ma con la pelle di Hillary Clinton, avrebbe perso a New York, in California o in Ohio?
Mia moglie Robyn, al ritorno dei figli da scuola, per la prima volta non è stata fiscale sul tempo che avrebbero potuto trascorre al computer: lo storico discorso di Obama grazie a internet è ritornato dopo poche ore come il miglior "homework" possibile. Come ha detto il governatore del New Mexico ed ex candidato alle primarie Bill Richardson (già uomo delle missioni internazionali alla Casa Bianca di Bill Clinton) nel dare venerdi a Obama il suo appoggio, votare per lui significa avere la netta sensazione di trovarsi difronte ad una "once in a lifetime leader", un presidente che si ha soltanto una volta nella vita!
Altro che uomo dai bei discorsi senza sostanza, Obama ha avuto il coraggio di affermare, mentre te lo trovi in testa alle primarie, quanto ancora sia profondo il solco di diffidenza e rancore in America sulla questione della razza, dimostrando a che distanza il coraggio nella genialità riesca a porlo dagli altri contendenti. Un leader pronto "dal primo minuto" alla sfida della verità anche quando questa fa male, perché Obama non ti rivela solo la cruda realtà, ti da anche la speranza, the "audacity of hope", che lui può essere quel presidente per ritornare ad affrontare e vincere le sfide più difficili.

Published in America Oggi/Oggi7, March 23, 2008

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