Leader del passato. Ricordi su Michele Guido Franci:Serafini, cosa fa qui?
Leader del passato. Ricordi su Michele Guido Franci:Serafini, cosa fa qui?
Continuiamo con la seconda parte della serie di tre articoli che onorano la memoria di un grande italiano dimenticato in Italia.
Era una giornata in cui avevo un diavolo per capello. Il telex non smetteva di ricevere messaggi e quindi, come ogni apparecchio della Itt, oltre a fare un rumore assordante, continuava a traballare nella mia stanza.
La stanza era in realtá un cubicolo senza finestra, ma ripetevo a me stesso com’ero fortunato, considerando che molti giornalisti piú anziani di me e con piú anni di servizio, avevano le scrivanie in corridoio.
Non era certo la giornata giusta per ricevere una telefonata alla redazione di Tv/Radio Age International (la rivista che dirigevo a New York) da un collaboratore del presidente della Fiera Milano, Michele Guido Franci.
“Oggi il presidente é a New York per ricevere un premio dal Segretario Generale delle Nazioni Uniti, Kurt Waldheim e dopo la cerimonia vorrebbe pranzare al ristorante degli ambasciatori del Palazzo di Vetro. Come possiamo fare? Sarebbe troppo imbarazzante portarlo alla mensa comune”.
“Fammici pensare e ti richiamo”, risposi automaticamente per prendere tempo. Non ero certamente pronto mentalmente alla sfida.
Con calma chiamai l’ufficio del rappresentante italiano all’Onu, l’Ambasciatore Pietro Vinci, e spiegai il problema. Invece di rimproverarmi per la richiesta senza preavviso, gli assistenti fecero la prenotazione a nome dell’Ambasciatore, anche se lui personalmente non poteva esserci.
“Per quante persone?” mi fu chiesto. Feci una veloce rassegna mentale delle persone che potevano essere al seguito del Presidente: il medico personale, l’autista, l’assistente (che si faceva chiamare Conte) ed un tale che ogni tanto mi capitava d’incontrare al Mifed, la prima fiera dell’audiovisivo del mondo che Franci aveva creato nel 1960. “Sei persone alle 13:00” risposi, includendo anche me, per assicurarmi che tutto andasse liscio.
Richiamai l’assistente di Franci per confermargli la prenotazione richiesta. Poche formalitá ed un velato ringraziamento.
Arrivai al ristorante degli Ambasciatori dell’Onu con 15 minuti di anticipo per controllare che il tavolo fosse pronto, ma vedo il gruppo giá seduto e pronto ad ordinare. Saluto il Presidente che prima mi guarda sorpreso e poi mi chiede: “Serafini, cosa fa qui?” “Sono passato a salutarla ed a complimentarmi per il premio”, gli risposi. Non potevo certo dirgli il vero motivo, mi sarei fatto nemico tutto l’entourage. Non gli serví molto per capire (aveva sicuramente contato i posti a tavola) e mi chiese di rimanere a pranzo.
Franci aveva ricevuto il premio dalle Nazioni Unite per aver promosso, con il patrocinio dell’Onu, il benessere del bambino, tramite il festival “The Child In Our Time” che lui stesso aveva creato ed abbinato al Mifed.
A Franci piacevano i riconoscimenti ufficiali, ma ci teneva poco a pubblicizzarli, seppur curasse molto la sua immagine. Sceglieva personalmente le sue foto da far divulgare ed in queste era sempre sorridente, cosa rara tra i dirigenti italiani di quel periodo. A me ripeteva spesso come i giornalisti fossero degli intrusi che non dovevano ficcare il naso negli affari degli espositori al Mifed, che lui considerava un “club esclusivo per fare business”. Sui comunicati stampa si faceva definire come “avvocato e giornalista”. In seguito venni a sapere che si era laureato in Economia e Commercio ed aveva abbandonato gli studi di medicina dopo la prima lezione di anatomia.
In uno dei pochi frammenti biografici che si trovano in giro, emerge che Franci era un uomo molto ambizioso. Ai familiari ripeteva che, “nella vita valgono tre esse: serenitá, salute, successo”. In pratica il motto in seguito ripreso e modificato dall’industria televisiva internazionale: sport, sesso e soldi.
In un’intervista all’Eco della Stampa del 1983 si scopre che, nel 1939, aveva lavorato alla propaganda del servizio militare per lo Stato Maggiore. Prima ancora, nel 1936, era divenuto capo dell’Ufficio Stampa della Fiera di Tripoli e, nel 1946, fu chiamato dall’allora presidente della Fiera di Milano, l’ex senatore democratico progressista, Luigi Gasparotto, a dirigere la delegazione romana della Fiera per coordinare le attivitá con le istituzioni politiche e, nel 1947, a far riaprire la Fiera.
Franci, sposato con Margherita Graziani, non ebbe figli ed era molto devoto alla moglie e religioso (scrisse il libro “La cristianitá nel francobollo postale”) ma in modo molto privato.
Seppur impiegato alla Fiera Milano dal 1946, mantenne sempre la sua residenza a Roma, dove tornava ogni fine settimana in auto, seduto sul sedile davanti in modo da poter dare istruzioni di guida e di percorso all’autista. #
La prossima puntata: il saluto romano