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Moro, G71 e l'attesa per la verità

Moro, G71 e l'attesa per la verità

Stefano Vaccara (May 19, 2008)

A trent'anni dall'omicidio di Aldo Moro, riprendiamo il contatto con Nino Arconte, il "gladiatore" che operava negli anni settanta e ottanta in missioni internazionali con il nome in codice G71: cinque anni fa ci mostrò un documento esplosivo...

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Cari lettori, questa settimana, a trent'anni dall'omicidio di Aldo Moro, riprendiamo il contatto con Nino Arconte, il "gladiatore" che operava negli anni settanta e ottanta in missioni internazionali con il nome in codice G71 e la cui storia voi conoscete fin dall'estate del 1998 (per chi segue America Oggi/Oggi7 da tempi più recenti, consigliamo di andare in internet: scrivend

o nel motore di ricerca Arconte Vaccara troverete diversi articoli). Quindi da dieci anni più volte su questo giornale abbiamo seguito la vicenda di G71, l'agente segreto della marina militare italiana appartenente ad una delle cosidette "Centurie" della Gladio denominata anche "Stay Behind" (dietro le linee nemiche), che dopo aver servito la sua Patria durante la Guerra Fredda, improvvisamente si ritrovò non riconosciuto dallo Stato italiano mentre alcuni dei suoi commilitoni cadevano come birilli in sempre più misteriosi "suicidi" o morti giudicate accidentali. Arconte, o meglio G71, cinque anni dopo quella prima intervista, ci mostrò un altro documento, il più esplosivo di tutti che questo giornale, questa volta insieme ad altri due (Famiglia Cristiana e Liberazione) pubblicò immediatamente. In quel documento, che apparentemente sembrava essere del Ministero della Difesa italiano e che G71 nel marzo del 1978 era stato incaricato di portare a Beirut al capo dei servizi italiani nella capitale libanese che allora, come del resto ora, era sconvolta dalla guerra civile. Nel documento si faceva riferimento al rapimento di Aldo Moro e si chiedeva ai servizi italiani nella regione di attivarsi per la sua liberazione ma con un particolare sconcertante: la data in cui era stato scritto, 2 marzo 1978, precedeva quella del rapimento avvenuto il 16 marzo in via Fani a Roma.

G71 doveva consegnare il documento a Beirut all'agente G-219 (identificabile nel colonnello Ferraro, rimasto poi vittima nel 1995 di uno strano suicidio), dislocato e dipendente dal capocentro G-216 (il colonnello Stefano Giovannone e che poi Moro menzionerà proprio in una delle sue lettere dal carcere delle BR), affinché prendesse contatti con i movimenti di liberazione del Medio Oriente, perché questi intervenissero sulle Brigate Rosse, ai fini della liberazione dello statista democristiano. È grazie al "gladiatore" G71 che questo documento a "distruzione immediata" è invece ancora qui. E prima di lui grazie al colonnello Ferraro che, secondo Arconte, prima di morire misteriosamente impiccato nel suo bagno di casa, gli ha consegnato il documento che lui non aveva distrutto.

Cinque anni fa, all'uscita di quel documento, ci furono delle interrogazioni parlamentari. Anche l'ex capo del governo ai tempi del rapimento Moro e ora senatore a vita Giulio Andreotti, chiese espressamente al governo Berlusconi allora in carica di far subito luce sulla vicenda, perché se quel documento fosse stato provato autentico ovviamente avrebbe riscritto (e in che modo!) la storia d'Italia, se invece fosse stato un falso allora chi lo spacciava per vero avrebbe dovuto essere ovviamente perseguito. Invece Arconte non venne affatto perseguito anzi fu lui a denunciare chi lo discreditava. Il ministero della Difesa di allora, senza portare alcuna prova definitiva, si limitò a delle comunicazioni in cui sosteneva che Nino Arconte non era attendibile e poi aggiunse qualcosa che ci insospettì. Nel cercare di screditare il racconto di G71, le autorità italiane scrissero che era priva di ogni fondamento la tesi di Arconte che sosteneva il coinvolgimento degli Usa e della Cia nella vicenda del rapimento... Ma Arconte aveva sempre sostenuto il contrario! E cioè che secondo lui dietro al rapimento Moro si nascondeva la lunga mano dei servizi segreti di oltre cortina sovietica, e quindi quell'accusa ci apparve a dir poco stramba per non dire depistante.

Il 7 giugno del 2006 il presidente del Senato Franco Marini, rispondendo ad una lettera di Arconte in cui chiedeva almeno delle scuse ufficiali, ha scritto che "ho valutato la complessità della vicenda e posso rendere conto del suo punto di vista" ma che come presidente del Senato, non ha il potere di imporle a nessuno quelle scuse. Marini concludeva dicendo di aver fatto acquisire agli atti del Senato la lettera di Arconte. Cinque anni sono passati dall'emersione di quel documento, ma sembra che a Roma nessuno abbia fretta di chiarirne definitivamente l'autenticità o che si debba quindi perseguire Arconte. Noi aspettiamo e intanto ecco le nostre domande per G71.

Cinque anni fa uscì la nostra seconda intervista, questa volta sullo straordinario documento del Ministero della Difesa che ti fu ordinato di portare nel marzo del 1978 a Beirut e che annunciava il rapimento di Moro prima che avvenisse... Cosa è successo da quelle rivelazioni e dopo le interrogazioni parlamentari di Andreotti e di altri legislatori? Che fine ha fatto quel documento? Il governo Berlusconi prima e quello Prodi dopo, hanno comunicato qualcosa, lo hanno spiegato? Sono state fatte indagini? E' stato smentito? Ti hanno denunciato o ti hanno ridato gli onori militari?

«Quel documento è stato fatto oggetto di dibattiti parlamentari; in Senato sono state presentate 23 interpellanze a risposta scritta ed è stato risposto di tutto e il contrario di tutto. Molte di queste risposte sono state pubblicate da America Oggi ed Oggi7 nel 2003. Ricorderai l'articolo su Martino, Ministro della Difesa dell'epoca, che dichiarava cose non vere, come il tuo giornale poté benissimo testimoniare in proposito dell'inchiesta per falso avviata contro di me e che due anni dopo, il 7 maggio 2004, fu archiviata per infondatezza della notizia di reato, mentre il GIP di Roma mi riconosceva "parte offesa da ignoti" perché nessuno di coloro che mi avevano accusato pubblicamente, di fronte all'infondatezza di esse, confermava le sue accuse. Ricorderai che quel documento fu anche sottoposto a perizia scientifica per l'interessamento del settimanale Famiglia Cristiana, la RAI e il quotidiano Liberazione, organo del Partito di Rifondazione Comunista e che tale perizia diede esito di autenticità. Nel senso che risultò che carta, inchiostri e caratteri di stampa, come bolli e sigilli usati, erano quelli normalmente in uso al Ministero della Difesa, Marina Militare, Ufficio X°, negli anni '70. Conformi ad altri documenti di raffronto che indubitabilmente provenivano da quelle sedi e in quelle date. Gli stessi giornalisti che parteciparono a quelle operazioni di verifica e controllo hanno anche testimoniato queste cose sotto giuramento nel Tribunale di Oristano, dove ho dovuto citare la RAI 1 e RAI 3, per avere offeso la verità a cui avevo accettato di collaborare effettuando tagli alle trasmissioni che non avevo autorizzato. Scelte non dei giornalisti , ma delle redazioni politiche che li controllano».

Hai altri documenti che non hai ancora mostrato? E se sì, quando li renderai pubblici e che cosa rivelerebbero?


«Si, ho altri documenti che però non riguardano il caso Moro, ma la mia vita in servizio dietro le linee della Guerra Fredda Italiana e non solo Italiana. Vorrei evitare di renderli pubblici, ma questo non dipenderà da me, ma dal comportamento del Governo Italiano. Sto per spedire al nuovo Governo la solita richiesta di Congedo che invio ad ogni nuova legislatura ricevendo risposte dei più svariati generi: Alcune le hai smentite anche tu nel tuo giornale. A volte persino divertenti, altre vergognose, da parte di Ministri della Difesa che mostravano di non conoscere nemmeno la storia Patria, alcune altre nessuna risposta! Ora vedremo cosa risponderà il nuovo Governo Berlusconi. Io sono sempre sereno e fiducioso come chi sa di essere dalla parte del giusto e nel suo pieno diritto. Mi auguro sempre che finalmente si faccia giustizia anche di questa storia, sarebbe buon segno, non solo per me, ma per tutta l'Italia e, addirittura, senza voler esagerare, credo che sarebbe buon segno per tutto l'Occidente Democratico che sembra aver smarrito la via!»

Sono stati fatti tanti film sul caso Moro, ora uno anche con Michele Placido nella parte dello statista si vede in questi giorni in tv. Qualche regista - o sceneggiatore o produttore - ti ha mai contattato per avere da te una collaborazione? C'è un film la cui ricostruzione ti ha soddisfatto?

«Si, tantissimi sono venuti qui a trovarmi per convincermi, ma sono bastate poche parole per capire che c'era incompatibilità di vedute. Sono tutti troppo politicizzati e vedono la storia, soprattutto la storia d'Italia, attraverso i filtri colorati ed i paraocchi della politica. Dovrebbero occuparsi solo di fiction senza pretendere patenti di autenticità storiche che non hanno. Così ho sempre rinunciato. A parte per il film di Carlo Infanti "La verità negata" per il quale ho scritto una sceneggiatura per la parte da girare in Sardegna che ho interpretato con la protagonista qui nel Sinis di Cabras, perché mi è sembrato che cercasse di dare una visione dei fatti storici di cui si occupa e relativi al caso Moro che più si avvicinava alla mia testimonianza. Inoltre ho collaborato perché non mi ha parlato di tagli e devianze su ciò che dovevo fare nel suo film.

Ho anche scritto io un'altra sceneggiatura. Sono impegnato proprio in questi giorni a trovare, con produzioni europee, un possibile accordo per finanziare il primo dei tre film di cui si compone l'opera cinematografica tratta dal libro L'Ultima Missione!»

Con la tua rivelazione del documento di Beirut, si confermavano i contatti tra terrorismo rosso e ambienti del terrorismo mediorientale. Oggi l'Italia è sempre più invischiata nella regione, in Libano, in Afghanistan... I gruppi terroristi mediorientali legati ad Al Qaeda, Hamas, Hezbollah, potrebbero cercare ancora di avere legami in Italia con terroristi locali? Cosa facevate voi allora per scongiurare queste "alleanze" e cosa si dovrebbe fare adesso?

«Nell'ultimo speciale su Moro a cui ho collaborato e che si intitola "Moro: se ci fosse luce sarebbe bellissimo", il magistrato del caso Moro Dr. Imposimato fa alcune dichiarazioni che si avvicinano alla verità. Dice che secondo alcuni suoi riscontri in Via Fani c'erano stati anche terroristi della RAF tedesca che era collegata alla Stasi, servizi segreti della Germania comunista che a sua volta era collegata al KGB sovietico. Ebbene Imposimato si avvicina molto alla verità, ma non abbastanza, perché gli mancano le basi della conoscenza della rete terroristica filo sovietica che comprendeva tutte queste organizzazioni, IRA, ETA, RAF, BR, OLP tutte orchestrate da Mosca attraverso la Separat comandata dallo Sciacallo, che aveva basi a Tripoli, in Libia e a Damasco, in Siria, ma anche in Germania Est ed in Cecoslovacchia. Tutti paesi controllati direttamente dal KGB sovietico. Ma la vera storia anche di quella parte la descrivo meglio e la documento nella sceneggiatura del primo film dal titolo provvisorio "L'Isola dei combattenti". Il mondo è cambiato, ma certe strategie sono le stesse. Cosa facevamo noi? Eravamo in mezzo a loro! L'Italia era presente anche a quel tempo in Nord Africa, in Afghanistan, in Libano ... Ieri come oggi, solo che all'epoca non si poteva dire, né mostrare... Lo racconto e documento nelle mie opere autobiografiche e adesso anche al cinema. Ma per poter raccontare davvero questa storia, anzi queste storie, devo riuscire a realizzare il progetto di film seriale tratto dall'Ultima Missione e di cui ho già pronta la sceneggiatura per il primo. In questo ci sarà, per onore al vero, anche il nostro primo incontro a New York, nel giugno 1998, che fu descritto poi dal tuo articolo su America Oggi/Oggi 7 di quell'estate. Da allora sono stati centinaia, ma il tuo fu il primo e penso che contribuì a salvarmi la vita. Per vedere realizzata quest'opera vera sulla Guerra Fredda servono solo i finanziatori e li sto cercando anche in Europa, soprattutto in Europa, perché in Italia è impossibile che qualcuno accetti di finanziare un film di questo genere senza voler mettere sotto controllo la storia dal punto di vista politico e io questo non lo posso fare e non lo farò.»

Ti senti ancora in pericolo di vita? Se attraverso questa intervista volessi mandare un messaggio al premier Berlusconi e ai nuovi ministri degli Esteri Frattini, degli interni Maroni e della Difesa La Russa, cosa diresti?

«Sono prudente in maniera del tutto naturale e sentirmi in pericolo è la mia condizione abituale, non mi pesa. Gli chiederei di fare qualcosa di serio per cambiare il destino della nostra Patria. E la prima cosa da fare è quella di dare giustizia agli italiani. Oggi abbiamo uno Stato dei privilegi e di privilegiati che è riuscito a distruggere tutto, anche l'amor di Patria. Il compito che si trovano davanti non è certo facile. Non sono il solo a parlare di sfascio generale: della Giustizia, della scuola, della sanità delle Istituzioni e non è certo a suon di chiacchiere che si può risanare tutto questo. Io faccio la mia piccola parte, basterebbe che ognuno facesse la sua. Ho visto l'elenco dei Ministri del Governo Berlusconi... staremo a vedere».

Published in America Oggi/Oggi7, May 11, 2008

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