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Le molotov contro i Rom a Napoli

Le molotov contro i Rom a Napoli

Ottorino Cappelli (May 14, 2008)

Spengono il fuoco? Lo riaccenderemo ... altrimenti tornano

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L'ANSA di qualche ora fa ha pubblicato un bell'articolo sulle violenze xenofobe a Napoli.

Noi ad i-Italy ci eravamo occupati di questo tema con uno speciale di qualche mese fa, quando scoppiarono le violenze anti-rom a Roma. E ci torneremo presto, nella nostra ottica: "Siamo tutti rumeni"...

Ma intanto qualche brano di questo articolo dell'ANSA vale la pena di essere salvato, qui, a futura memoria.

* * *

Il nostro speciale sul problema della xenofobia in Italia

NAPOLI -  Qualcuno ha raccontato di un bambino che, stamattina in un bar, salutando la gente del posto, ha detto "addio, noi ce ne andiamo, ma non siamo cattivi". Altri si sono messi a cantare e ad applaudire, davanti al fuoco che divampava nei campi dei nomadi: c'erano donne e bambini, soddisfatti del risultato ottenuto con le molotov. I rom fuggono dalla periferia est di Napoli, dove si è scatenata una 'caccia agli zingari', che istituzioni e politica hanno condannato. Atti "barbarici". Eppure ancora oggi, in mattinata, sono stati incendiati due siti ormai vuoti: "Spengono il fuoco? Lo riaccenderemo", è stata la risposta di qualche facinoroso. La pretesa è quella di distruggere i campi, "altrimenti tornano". Per ora, non risulta che vi siano stati arresti, fermi, o identificati: sono state sequestrate due molotov, e si cercherà di risalire a chi le ha usate.

(...)

LE VOCI DI PONTICELLI - "Qui c'era un'aria irrespirabile, soprattutto di notte. Ponticelli è un quartiere difficile, ma la presenza dei rom l'aveva reso ancora più invivibile", la voce di un ciclista per le strade di Ponticelli testimonia come bastasse una scintilla per appiccare il fuoco. E la scintilla è scoccata sabato sera, quando una sedicenne ragazza rom ha tentato di rapire una bambina da un appartamento del quartiere.

 

"E' da due anni che chiamiamo continuamente la polizia - dice una donna che abita proprio di fronte al campo che dà su via Argine, e che ora è ridotto in cenere - ma nessuno è mai intervenuto: la sera si ubriacano, rompono bottiglie, rubano nelle case. Ora li abbiamo cacciati e qualcuno nel quartiere ha pensato bene di bruciare le baracche, altrimenti tra due settimane erano di nuovo qui".

 

Il senso di abbandono si è trasformato quindi in rivolta popolare contro i rom: è questa l'aria che si respira a Ponticelli,quartiere dove negli anni '80 c'erano 20.000 abitanti e ora sono 70.000, dove i lunghi stradoni sono delimitati da una linea senza fine di rifiuti e si ha la sensazione che qui l'emergenza immondizia non sia mai finita. "Da una parte i cumuli di rifiuti - racconta un'altra donna - e dall'altra la criminalità dei rom.Certo,ci sono ladri anche tra i napoletani, ma così ci sentiamo assediati". Il popolo di Ponticelli ha la rabbia dentro, molti raccontano di aver aiutato negli anni i rom: "Gli davamo vestiti, soldi e loro ci hanno ripagato cercando di rapire una bambina? Ora non li vogliamo più".

 

Loro, i rom, sono andati via la notte scorsa, mentre un altro gruppo di irriducibili saranno costretti a lasciare in breve tempo i due campi intorno alla rotonda di via Argine. Nei due campi oggi ancora abitati c'era paura: "Dove andremo? Perché dobbiamo pagare per sbagli che non abbiamo commesso?", si chiede un ragazzo che insiste a dire che la ragazza che ha tentato il rapimento "non è rumena, è albanese. Lo so perché mi hanno detto che un rom l'ha incontrata in carcere e ha cercato di parlarle in rumeno, ma lei non capiva".

 

Ma ormai è troppo tardi per ricucire il filo con il quartiere e infatti il ragazzo si avvicina alla porta del campo per mostrare tre estintori: "Ce li ha portati la Caritas, dobbiamo usarli se buttano delle molotov nel campo di notte", racconta. Lo strappo di Ponticelli con i circa 500 rom è irrimediabile, lo sa anche don Raffaele Oliviero, il parroco della chiesa Santi Pietro e Paolo che confina con il primo campo rom che è stato incendiato oggi: "Se ne sono andati perché si sono rassegnati al nomadismo. Noi negli ultimi anni avevamo cercato di integrarli nella comunità, avevamo organizzato un ambulatorio di volontari per visitare i bambini, lo scorso Natale avevamo organizzato un pranzo per loro. Purtroppo, ha vinto l'intolleranza".

 

E si è arrivati all'addio consumato anche dai bambini: "Martedì sera - racconta un ristoratore della zona - sono venuti a mangiare la pizza, gliela offrivamo spesso. Poi i ragazzini sono andati via salutandoci per sempre, ci hanno detto 'ciao, noi non siamo cattivi'".

 

 

 

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